Una grande azienda italiana investe in ricerca: ma non in Italia

Buone notizie (ma non tanto) sul fronte della fusione nucleare controllata. ENI ha deciso d’investire ben 50 milioni di dollari su un progetto, SPARC,  per la realizzazione di un reattore prototipo del tipo Tokamak che permetterà, se avrà successo, di ottenere energia utile con costi e tempi molto più ridotti rispetto al megaprogetto internazionale ITER. Il fatto è che tale strumento sarà costruito in America, presso il prestigioso MIT di Boston, e non in Italia, dove esiste un Ente pubblico, l’ENEA, che nel suo Centro Ricerche di Frascati ospita uno dei più importanti laboratori del mondo in questo settore, con grandi professionalità e strutture adeguate a tal fine. In passato l’ENEA ha avuto fra le mani un progetto simile a SPARC, denominato IGNITOR (entrambi sono un’evoluzione del Tokamak ALCATOR-C, pur con caratteristiche diverse), ma ha preferito abbandonarlo, dopo erano già stati spesi parecchie decine di milioni di euro, non ritenendolo congruo con la sua partecipazione massiccia a ITER.

Quindi tre note di biasimo:

  1. per l’ENI, che invece d’investire nella ricerca italiana, preferisce farlo all’estero
  2. per l’ENEA, che attraverso ITER (e più recentemente anche con il suo progetto DTT, destinato all’insuccesso, visti i costi troppo elevati) continua a subire i diktat dell’Unione Europea
  3. per il Governo (non solo questo, anche quelli passati), che dovrebbe svolgere un’azione di coordinamento e di supervisione sui grandi progetti di ricerca, che mettono in gioco l’interesse nazionale, e invece lascia gli Enti pubblici (ENEA) o ex-pubblici (come l’ENI) liberi di fare ciò che vogliono.

 

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